Nell'anno 825 i Saraceni, provenienti dall'Arabia, sbarcarono a Civitavecchia ed invasero l'Italia centrale; occuparono Roma e penetrarono in Sabina, in Umbria e in parte delle Marche, saccheggiando e spargendo con ferocia rovine e lutti.
Nel 910 furono però cacciati dalle popolazioni Sabine guidate da un certo Archiprando da Rieti, valoroso guerriero, con una battaglia nei pressi di Trebula Mutuesca, l'attuale Monteleone.
Dopo la cacciata dei Saraceni, fu la volte dgli Ungari che avevano già causato altri danni.Fu allora che le popolazioni, per prevenire altre distruzioni e stragi, inziarono la costruzione dei primi fortilizi e abbandonarono i loro villaggi e casali esposti per concentrasi sulle piu impervie alture. Nacque così anche il Castello di Rocca Sinibalda.
La maestosa costruzione ha sfidato l'usura dei secoli e delle intemperie.
Vi si accede atraverso un portone laminato di ferro entro il quale si apre un piccolo passaggio che consente un piu facile accesso.
Esternamente, sulla destra del portone. all'altezza di circa un metro dal suolo, esiste una porticina di chiamata la porta del morto, che oggi conduce sulla torre campanaria e del pubblico orologio.
Varcato il portone si sale per un viale a gradoni e dopo un ampio pianerottolo si gira a sinistra verso la porta vera e propria di ingresso che immette in un 'ampia scalinata in mattoni con ciglio in pietra.
Si giunge così in un grosso cortile al centro del quale spicca un artistico pozzo per la raccolta dell'acqua.
Il cortile divide la parte residenziale da quella destinata alla difesa militare.
Alla destra della porta di accesso al cortile, superando un andro sul quale sporge uno sperone di roccia, si entra nello splendido giardino pensile.
Dal grande cortile si entra poi in quello minore, detto degli alabardieri.
In fondo esiste una porta dalla quale , dopo una ripida e tortuosa scalinata in pietra si accede alle stanze riservate ai servizi.
AL secondo piano troviamo subito un ampio salone sulle cui pareti si ammirano affresci riproducenti i feudi che facevano parte del Principato di Rocca Sinibalda, Belmone , Antuni Pantana e naturalmente Rocca Sinibalda. Segue una fuga di stanze con affreschi cinquecenteschi di infulusso raffaelliano e michelangiolesco, attraverso le quali si giunge alla coda dell'aquila posta a strapiombo della valle.
Per raggiungere la sommita del Castello si deve percorrere una scala a spirale che parte dal pianerottolo antistante il salone e, seguendo il cammino di ronda si arriva alla grande terrazza sovrastante il becco dell'aquila".
I sotterranei sono vastissimi ed in parte inesplorati.